Le parole di Alberto Savinio dopo due ore di prigione
Forse i tre giorni di carcere proposti da Leonardo Sciascia per tutti gli aspiranti magistrati sono troppi, per non parlare dei sei mesi in gattabuia che pretendeva Enzo Tortora. Ad Alberto Savinio, nell’estate del 1915, bastò molto meno (lo avevano messo in una prigione militare perché era uscito di caserma senza permesso a comprare delle medicine). Il suo resoconto si legge nella Nuova enciclopedia: “Due ore di prigione non sono molte ma mi sono bastate egualmente a farmi conoscere il ‘senso’ della prigione. Ho saputo anzitutto che cosa significa il sentirsi reclusi, e in luogo per di più che i carcerieri si studiano di rendere più scomodo e antipatico che possono, privandolo in gran parte dei due principali elementi di vita che sono l’aria e la luce; perché il carcere ha il fine dichiarato di punire il delinquente e di metterlo in condizione di non nuocere alla società , ma ha anche quello non confessato di logorare la sua salute e dunque in parole povere di ucciderlo. 🔗 Leggi su Ilfoglio.it
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Alberto Savinio, la maschera del mito - Corriere della Sera - Nato Andrea Francesco Alberto De Chirico nel 1891, nel 1914, a ventitre anni, assume il nome di un oscuro letterato francese traduttore di Oscar Wilde, Albert Savin, italianizzato in Alberto Savinio. Si legge su corriere.it