Dire no a Gergiev non è censura ma una battaglia per la libertà

«Combattevamo Mussolini come corruttore, prima che come tiranno, il Fascismo come tutela paterna prima che come dittatura». Le parole di Piero Gobetti suonano oggi come una lezione dimenticata, un ammonimento che molti tra i cosiddetti liberali italiani sembrano aver archiviato in nome di un relativismo culturale che confonde libertà con complicità. Gergiev è molto più di un artista. Da anni rappresenta uno dei volti accettabili del potere russo nei circuiti culturali internazionali, uno strumento della sua penetrazione simbolica in Occidente. La sua carriera si è intrecciata con il consolidamento del putinismo, beneficiando di fondi, visibilità e sostegno istituzionale da parte del Cremlino. 🔗 Leggi su Linkiesta.it

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