Sono tornata in Italia otto anni fa per insegnare e sono pentita Sono ancora precaria non so cosa posso offrire ai miei figli

Dopo otto anni di ritorno in Italia per insegnare, il senso di delusione e insoddisfazione si fa strada, lasciando un vuoto nel cuore e nelle prospettive future. La mancanza di riconoscimento, dignità e condizioni adeguate minaccia non solo il mio percorso, ma anche il futuro delle nuove generazioni che formiamo. È una crisi che coinvolge un'intera classe professionale, con ripercussioni profonde sulla società. È ora di affrontare questa realtà e cercare soluzioni concrete.

“Tutte le mattine mi domando chi me l’ha fatto fare di tornare in Italia, è una questione di trattamento e di dignità. Io mi sono formata al massimo, sono tornata qui e sono stata messa in condizioni di svantaggio. Ho un sentimento di profonda delusione. Noi stiamo formando la generazione del futuro, ma da questo lavoro ormai in tanti scappano. È un problema che investe un’intera classe lavorativa che diventa però, a cascata, anche un problema sociale”. Silvia ha 39 anni e tre figli di 9, 6 e 4 anni. È veneta, insegna italiano a Modena ed è rientrata in Italia da superqualificata per lavorare nel mondo della scuola: dopo 5 anni in Francia, dove ha conseguito un dottorato in Linguistica, nel 2017 è rientrata insieme al marito e al primo figlio. 🔗 Leggi su Ilfattoquotidiano.it

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