La normativa italiana sui Cpr non tutela le libertà personali dice la Consulta
La Corte Costituzionale ha dichiarato che la normativa italiana sui Centri di Permanenza per i Rimpatri (CPR) non tutela adeguatamente le libertà personali dei migranti, configurando un «assoggettamento fisico all’altrui potere» che limita i diritti fondamentali. Dopo il sollevamento di questioni di legittimità costituzionale da parte del Giudice di Pace di Roma, la sentenza n. 96 del 2025 ha segnato un importante passo verso una riflessione sulle pratiche di trattenimento e le garanzie civili. La decisione apre un dibattito cruciale
La norma sui trattenimenti delle persone migranti nei Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr) è inidonea e implica un «assoggettamento fisico all’altrui potere» che incide negativamente sulle libertà personali. A stabilirlo è stata la Corte costituzionale attraverso una sentenza (la numero novantasei del 2025) arrivata dopo che il Giudice di Pace di Roma aveva sollevato questioni di legittimità costituzionale. Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché, si legge sul Corriere della Sera, non è compito della Consulta rimediare al difetto dell’attuale disciplina legislativa. Tuttavia, la sentenza ha giudicato la normativa sui Cpr non idonea a stabilire le modalità delle restrizioni delle persone migranti. 🔗 Leggi su Linkiesta.it
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