Il Novecento con i suoi fantasmi e un presente incapace di nostalgie

Il Novecento, con i suoi fantasmi e le sue ombre, si rivela ancora incredibilmente vicino, come un passato che non ha mai veramente cessato di vivere. Tra anniversari e nuove pubblicazioni, emerge la sensazione che questo secolo, pur ormai remoto, sia ancora parte della nostra quotidianità, perché la sua ineffettualità lo rende eternamente presente. Ricordando figure come Croce, Mann, Montale e Marcuse, ci accingiamo a esplorare come il passato continui a plasmare il nostro presente.

Tra anniversari e libri usciti, ho avuto in queste ultime settimane l’impressione che il Novecento, oltre che essere del tutto passato, sembra ancora famigliarmente attuale, proprio perché ineffettuale. In particolare con quattro autori di cui si è parlato e forse si parlerà: cioè Benedetto Croce, Thomas Mann, Eugenio Montale, Herbert Marcuse. Il primo di loro, più che aprire il Novecento, sembrò fin dall’inizio un uomo postumo dell’Ottocento. Nato nel 1866, Croce arrivò nel nuovo secolo con la sua estetica della poesia come intuizione lirica, relegando gli altri generi letterari nella categoria molto meno nobile e pura dell’oratoria, le cui finalità sono pratiche. 🔗 Leggi su Ilfoglio.it

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Il Novecento con i suoi fantasmi e un presente incapace di nostalgie; Uwe Timm, la sfida del presente che muove dal passato; Ferzan Ozpetek torna a teatro con i suoi fantasmi: in scena al Manzoni Magnifica presenza.

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