Il candidato radical chic e l’attesa per le primarie democratiche a New York
L’attesa per le primarie democratiche a New York accende il pubblico con storie di candidati sorprendenti e polemiche accese. Eppure, tra i polemisti dell’internet italiana, pochi si rendono conto che il vero scenario politico si svolge oltre i confini digitali, tra tradizione e innovazione. Oggi, alla vigilia di una sfida cruciale, emerge il volto di un candidato indiano, simbolo di un’America in continuo mutamento. La sua storia ci ricorda che il cambiamento nasce anche dalle radici più improbabili.
Peccato che, dei polemisti sedicenti poliglotti dell’internet italiana, nessuno legga il New York Times, altrimenti negli ultimi due giorni saremmo stati investiti da un rinvigorito uso di “radical chic”, che sarebbe stato come sempre improprio, ma più divertente del solito. Oggi a New York ci sono le primarie per scegliere il candidato Democratico a sindaco, e tra i potabili c’è un indiano che quando sono cadute le Torri Gemelle non aveva ancora compiuto dieci anni. L’indiano è forse la più poderosa incarnazione di radical chic ch’io abbia visto nella realtà della politica politicante. Tanto per cominciare è di ottima famiglia: per gli italiani è difficile da capire, essendo il lemma qualcosa che usano per insolentire supplenti di algebra col mutuo, ma la parte “chic” viene dal fatto che il radical originale, Leonard Bernstein, era un multimilionario e un intellettuale. 🔗 Leggi su Linkiesta.it
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