Eviterei di chiamare ‘genocidio’ quello in corso a Gaza | le coscienze sensibili ne risentono

In un momento in cui le tensioni geopolitiche stanno ridefinendo i confini dell’umanità, il dibattito sul linguaggio da utilizzare in situazioni di conflitto diventa cruciale. Parlare di “genocidio” a Gaza suscita emozioni forti e polarizzanti. Questa scelta lessicale non solo impatta le coscienze ma riflette anche un contesto più ampio, in cui la memoria storica gioca un ruolo chiave nel nostro modo di percepire l'ingiustizia. Riflessioni che invitano a

È davvero così importante in questo momento usare il termine “genocidio” per indicare quello che Israele sta facendo a Gaza? Credo sia il caso di evitare per due motivi. Il primo: è giusto non sollecitare le coscienze di chi per la propria storia personale o della propria famiglia lega il termine all’orrore della Shoah. E forse persino quelle di chi per convenienza o convinzione difende senza “se” e senza “ma” un governo che ha ucciso 55mila persone in un anno e mezzo e da mesi ne affama altri due milioni negando l’ingresso degli aiuti umanitari (la Gaza Humanitarian Foundation per ora è poco più di un esperimento partito male, per usare un eufemismo). 🔗 Leggi su Ilfattoquotidiano.it

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