A dieci anni dal peggior naufragio di migranti nel Mediterraneo ancora non abbiamo i nomi | la nostra proposta

dieci anni fa, nel tragico naufragio avvenuto nella notte tra il 18 e il 19 aprile 2015 al largo delle coste libiche, persero la vita oltre 1.100 persone. Una delle più gravi tragedie del Mediterraneo, che ha scosso l’Europa e il mondo intero, lasciando dietro di sé un relitto pieno di storie spezzate, famiglie distrutte e sogni infranti.A distanza di un decennio, la memoria di quel disastro dovrebbe imporre una riflessione collettiva e un’azione concreta: non è possibile che quelle vittime, tutte quelle dei naufragi, rimangano solo numeri. È un imperativo morale, oltre che un obbligo giuridico, identificare le persone migranti morte in mare e restituire loro un nome, una dignità, una storia. Ogni essere umano ha diritto ad essere riconosciuto, anche dopo la morte.Nella sezione “Sicilia” del registro dei cadaveri non identificati custodito dal Commissario straordinario del governo per le persone scomparse, si ripetono migliaia di volte sigle sterili come KR70M6 o frasi come “Etnia africana. 🔗Ilfattoquotidiano.it
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