Non chiamateli progressisti | la Gen Z è molto più interessante di quanto crediate
Roma, 14 nov – Negli ultimi mesi la Generazione Z è tornata al centro dell’attenzione pubblica, spesso raccontata come un fronte compatto di ragazzi che parlano lo stesso linguaggio culturale, condividono gli stessi simboli e si muovono nella stessa direzione politica. In Italia, le manifestazioni studentesche pro-Pal e le proteste antigovernative hanno alimentato questa narrazione: una generazione creativa, digitale, progressista, apparentemente omogenea nelle sue parole d’ordine. Il racconto di una Generazione Z progressista. Ma proprio questa immagine, così rassicurante e lineare, invita a una domanda più seria: la Gen Z è davvero un blocco monolitico? È davvero un unico soggetto compatto, una “tribù” politica orientata in maniera naturale verso il progressismo? Oppure la superficie pop — la cultura condivisa, i meme, l’estetica digitale — nasconde una realtà molto più complessa? La bandiera di One Piece sventolata nelle piazze di mezzo mondo è un indizio di compattezza? Questo è il punto da cui partire, perché ciò che emerge dai dati internazionali smentisce in modo netto la lettura semplicistica della “generazione progressista”. 🔗 Leggi su Ilprimatonazionale.it
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