Invettiva ragionata contro la ripugnante bulimia della parola gourmet

A dieci anni dalla massificazione del termine “gourmet”, l’ossimoro si ripresenta, svilendo un concetto che dovrebbe distinguersi per raffinatezza. È diventato un’etichetta vuota, usata indiscriminatamente per ogni piatto, rischiando di perdere senso e prestigio. La vera eccellenza si cela nelle cose autentiche e non nei facili trend. È ora di riappropriarci di un termine che merita rispetto, evitando di svilirlo in un mare di imitazioni.

A dieci anni dalla massificazione della pizza gourmet, a venti dall’invenzione della medesima (ma una data certa non esiste, qualcuno risale addirittura alla “pizza degustazione” di Simone Padoan, Pizzeria I Tigli, San Bonifacio, Verona, 1999), ancora e ancora pizze gourmet, e panini gourmet, e pinse e puccie gourmet, qualsiasicosa gourmet. Che poi non è del tutto vero, qualsiasicosa: mai sentito parlare di aragoste gourmet, ostriche gourmet. L’insopportabile parola viene applicata di preferenza a cibi vili, per nobilitarli agli occhi dei clienti polli. Gourmet come coroncina mentre invece è soltanto un sinonimo di “commestibile”. 🔗 Leggi su Ilfoglio.it

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Invettiva ragionata contro la ripugnante bulimia della parola "gourmet" - L’insopportabile termine viene applicato di preferenza a cibi vili, per nobilitarli agli occhi dei clienti polli. Lo riporta ilfoglio.it

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